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Prismatic Landmarks |
Rivista |
compasses N° 12 |
di |
, 2010 |
Autore: Michele Costanzo |
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Il Perm Museum XXI, progettato da Eric Owen Moss (2008) per il centro urbano di Perm, rappresenta un significativo segno della volontà dei suoi abitanti di innescare un processo di modernizzazione della loro città. La città russa, sorge alle pendici occidentali dei monti Urali, lungo la linea di margine tra Europa ed Asia. La sua fondazione risale a Pietro I di Russia, intorno alla prima metà del 1700; ma a partire dal XIX secolo, Perm metterà da parte la sua origine militare per trasformarsi in centro industriale e questa caratteristica produttiva permane tuttora. La città è situata sulla riva sinistra del fiume Karma (un affluente del Volga) e il lotto destinato al museo -di forma trapezoidale allungata- è disposto lungo la riva di tale fiume dove si sviluppa anche un vasto parco. Alle spalle dell’area di progetto sorge la città antica con i numerosi, importanti edifici che contrappuntano la sua vicenda storica. Poco lontano dall’area del museo passa la ferrovia, parallela alla riva del fiume, mentre ortogonalmente ad essa si trova un lungo ponte che attraversa il Karma. Il principio architettonico su cui si basa il progetto di Moss per il Perm Museum è quello di raccogliere, in termini figurativi e spaziali, la complessa e varia realtà che circonda il sito, configurando il museo, ora come una sorta di “cannocchiale” ad essa rivolto, ora come oggetto simbolo che sovrasta tale realtà. «From almost every vantage point in Perm», scrive Moss, «the visual experience of the City will include the new Perm Museum» . Il progetto, dunque, prende forma attorno a due immagini in sé concettuali che ne rappresentano la suggestione di fondo: quella di un edificio-ponte posto sopra un terreno appositamente rimodellato e quella di una struttura che tende ad integrarsi nella natura del parco circostante protendendosi, nel contempo, con la sua figura verso il cielo (e questo, attraverso una opportuna disposizione delle volumetrie che la costituiscono). Il terreno, in questo modo, viene riconfigurato per creare due canyon su cui sono posizionati i due Bridge Blocks, composti a loro volta da due prismi tra loro congiunti che si trovano in due differenti posizioni: l’uno è posto orizzontalmente, l’altro è inclinato. Tra i due canyons e, quindi, tra i due Bridge Blocks, è situato il piazzale d’ingresso del museo e la lobby in parte aggettante dalla parte del fiume. «The lobby is enclosed entirely with glass, with entry desk, stairs and elevators to various events and levels. On the lobby roof is an earthmound, an extension of the reconfigured land just off the lobby roof» . Il museo, aggiunge Moss, «[...] is conceived as an extension of the park with terraces, walks, and landscaped roof decks that unite the building with the landscape» . I visitatori, dunque, hanno modo di percorrere internamente ed esternamente l’oggetto architettonico attraverso i diversi livelli che scandiscono gli spazi interni ed una serie di percorsi predisposti per la visione delle varie collezioni d’arte (contemporanea e regionale) ed anche del contesto naturale/artificiale che avvolge l’organismo espositivo. Per accentuare questo rapporto l’esterno è predisposto, tramite un sistema di terrazze, per ospitare mostre all’esterno.
C’è da osservare a proposito di tale progetto che esso mette in luce come numerose altre opere di Moss una fruttuosa convivenza di due anime: l’una rivolta a perseguire una definizione razionale e logica della forma, trovando espressione nell’impiego di volumi dalla geometria semplice ed essenziale; l’altra più libera e creativa, indirizzata a configurare un tipo d’immagine architettonica che, respingendo ogni dogma del moderno, punta a stimolare l’emotività e lo stupore di chi la fruisce. Si tratta di un andamento elaborativo di tipo iconico basato su una sorta di contrasto programmatico che interessa il processo di definizione formale e spaziale della figura architettonica. Il procedimento teorico/mentale che investe tale operazione e che alimenta la componete creativa prende le mosse da uno stato d’incompiutezza dell’opera, di sua apparente “irrisoluzione”, dovuta alla resistenza ad individuare un interno equilibrio, un punto di sintesi che plachi la tensione generata dagli opposti indirizzi tematici di partenza. Si tratta di un’architettura in sé problematica che il più delle volte ricorre all’uso della “deformazione” dei volumi come artificio per far emergere dalla figura architettonica l’essenza nascosta, invisibile allo sguardo, ma percepita tuttavia dai sensi e da quell’aura composta da un’emotività latente che avvolge le sue architetture.
I servizi di cui sarà dotato il museo trovano luogo fuori della lobby e sono: la biblioteca, il bookstore, il ristorante e la caffetteria (questi ultimi hanno un orario d’apertura indipendente dal museo). Gli uffici, invece, si trovano direttamente sopra il piano d’ingresso, rivolti verso la lobby. Il deposito con piazzale esterno, infine, ha un accesso indipendente in posizione appartata. La struttura del museo è in cemento e acciaio. Le finiture esterne sono in pietra arenaria rossa, mentre le pareti interne sono intonacate di bianco. Gli ambienti espositivi sono ripartiti con pannelli di vetro. I pavimenti interni, infine, sono in cemento.
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