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Loris Cecchini. La casa della Musica-Sonar |
Rivista |
L'ARCA N° 174 |
di |
ottobre, 2002 |
Autore: Michele Costanzo |
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La Casa della Musica-Sonar a Colle val d'Elsa, realizzata da Loris Cecchini, è un'interessante intervento, a scala architettonica, di un giovane e affermato artista milanese. L'opera, come progetto speciale, fa parte del complesso di iniziative messe in atto in occasione della VI edizione di Arte all'Arte organizzata dalla Galleria Continua di San Gimignano, la cui regia è stata affidata, nel 2001, a Jerome Sans e Pierluigi Tazzi. La ricerca di Cecchini si rivolge a un inedito "orizzonte della quotidianità" che prende forma attraverso un continuo, giocoso confronto tra due ossimori, simmetricamente contrapposti: la falsità del vero e la verità del falso. In passato, l'interesse dell'artista si era rivolto, in senso del tutto ideale, alla tematica del paesaggio urbano periferico, che ricostruiva in forma fantastica ma verosimile, con assemblaggi di materiali prelevati dall'universo del gioco infantile; tramite la tecnica della fotocomposizione elettronica inseriva, successivamente, al loro interno immagini di personaggi reali, presi dalla strada in atteggiamenti quotidiani. Più recentemente il lavoro di Cecchini si è caratterizzato per un'originale e complessa operazione di 'manipolazione' rivolta agli oggetti della quotidianità: televisori, computers, biciclette, pianoforti, e quant'altro. Di ognuno di essi realizza dei calchi, all'interno dei quali versa della gomma uretanica che si consolida al loro interno. Attraverso tale riproduzione-deformazione del referente oggettuale, egli ne annulla la consistenza materica svuotandolo di senso, trasformandolo in puro involucro monocromo, deprivato della funzione; come la 'pelle' di cui il serpente si libera, essa diventa un'epidermide che «non racchiude più nulla» . «Sono opere che giocano sul piano di una "virtualità concreta": ogni pezzo», scrive Cecchini, «è un calco di un oggetto vero e tuttavia risulta incongruente per la materia, il colore, la consistenza. E' un mondo paradossale, e il paradosso nasce dall'accumulo, dall'ossessione della replica, ma anche dal colore degli oggetti, il grigio "tecnico" standard che hanno gli oggetti disegnati con i software per la modellazione tridimensionale prima di venire "texturizzati", di ricevere la "pelle" e il colore che sono loro propri» Un esempio particolarmente significativo è l'installazione realizzata per l'ultima Biennale veneziana, BBBreakless, basata appunto su una 'pelle' che configura il volume di una cella (in cui sarebbe rinchiuso un condannato a morte) le cui pareti sono mosse da un 'respiro' interno che corrisponde al ritmo della sua agonia. L'esempio sembra interpretare, quasi alla lettera, una considerazione di Marshall McLuhan, ricordata da Toyo Ito in un suo scritto: a partire dagli anni Sessanta, «lo sviluppo dei media elettronici avrebbe fatto sì che la nostra cultura, (...) fortemente orientata verso la visione, sarebbe mutata e sarebbe divenuta dipendente dalle sensazioni epidermiche» . Tale nuova società tattile, subentrata a quella visiva basata sul valore di misura e proporzione, sarebbe stata regolata da una diversa sensibilità proveniente dal mondo dell'elettronica: la pelle avrebbe funzionato come un sensore ad alta frequenza, captando i flussi di elettroni. Per la Casa della Musica-Sonar, il programma del Comune era quello di recuperare e riqualificare un capannone industriale degli anni Sessanta, che aveva acquistato e parzialmente ristrutturato, per realizzare un "luogo di incontro e di contaminazione" dove oltre ad eventi musicali fossero ospitate mostre d'arte, video-installazioni, rappresentazioni teatrali. Cecchini mette in pratica tale progetto arricchendolo della sua sensibilità artistica basata sul rovesciamento, in chiave surreale, del significato degli oggetti che ci circondano e che costituiscono l'universo entro cui siamo immersi. In tale operazione, ancora una volta, il medium digitale assume un ruolo fondamentale; attraverso la sua mediazione viene posto in essere un doppio transito tra reale-virtuale, vero-falso e tali continue intersezioni non fanno che determinare un sistematico cortocircuito di valori e di sensazioni. L'intervento di Cecchini si articola in due direzioni: la creazione di un'immagine esterna provocante e seduttiva, a un tempo; l'invenzione di una spazialità interna coinvolgente e desituante. Per annullare visivamente i caratteri formali della ex struttura manufatturiera, l'autore la riveste con dei comuni materiali della produzione edilizia, in maniera non convenzionale: alla fronte d'ingresso vengono applicate piastrelle di gomma a bolli per pavimentazione industriale di colore arancione; mentre sulla lunga finestra laterale vengono ancorati dei tubi in PVC di colore, anch'esso, arancione. L'effetto che l'autore vuole raggiungere è quello di oggetto caratterizzato da una forte impronta ludica, a partire dall'insegna SONAR, sulla facciata principale, basata su un ironico gioco compositivo di enormi bolli bianchi luminosi. Nello spazio interno, di forma regolare, si trovano variamente dislocati: il palco, il bar (contenuto in un elemento scultoreo), la consolle del dj, oltre ad una serie di mobili, di piccoli tavoli e sgabelli di metallo, il tutto di colore grigio. Sulla superficie delle pareti, come sugli elementi d'arredo è sovrapposta la medesima 'pelle' disegnata a wire-frame e realizzata attraverso l'applicazione di un nastro di materiale fluorescente. Il suo disegno consiste nell'elaborazione-deformazione (tramite computer) di una trama a maglie quadrate. L'involucro e gli oggetti all'interno, così configurati attraverso l'azione opportuna delle luci vengono percepiti come materiali 'morbidi'; la maglia virtuale elaborata al computer, dilatandosi nello spazio configura dolci colline ondulate; in questo modo, tale insieme, alla fine sembra avere il sopravvento investendo e catturando lo spazio reale.
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